Costruire autostima negli adolescenti. L’autostima è il valore che attribuiamo a noi stessi, il modo in cui ci percepiamo. Ascolto e fiducia: il punto di partenza per un genitore
Ed ecco arrivato il post di maggio, come sempre ci piace lasciarci stimolare dalle riflessioni e dalle domande dei genitori del blog Genitorialmente.it.
Questo mese il tema è quello dell’autostima in adolescenza e, nello specifico, la domanda è:
Come costruire autostima negli adolescenti?
ci si interroga su quale possa essere il ruolo dei genitori al riguardo.
L’adolescenza è una fase della vita che spaventa molto i genitori, i quali vedono i loro figli cambiare: anche i bambini più solari diventano introspettivi, compaiono emozioni come rabbia e tristezza, che fino a quel momento erano più limitate, e si fanno strada la contestazione dei ruoli genitoriali e il tentativo di affermazione di sé dei ragazzi.
Mamma Manu di Genitorialmente.it si mette in gioco, portandoci alcuni elementi della relazione con sua figlia:
Noi genitori non riconosciamo più i nostri figli e davvero non sappiamo più come interagire con loro. I momenti di dialogo sono pochi e spesso si trasformano in momenti di scontro.
Però qualche volta succede che si riesce ad andare oltre, allora scopriamo che nostra figlia così assente e spesso arrogante è molto fragile.
“Io non sono capace di fare niente, come sono brutta, non ci riuscirò mai, ho un brutto carattere”.
Parole pronunciate tra lacrime e silenzi e magari anche qualche sbuffo e una porta che viene sbattuta dietro di sé per lasciare spazio alla musica ad alto volume. Un rumoroso tentativo di sentirsi rispecchiati nelle parole di altri che ce l’hanno fatta diventando famosi, più realizzati, migliori … insomma!!!
Manu e Flavia ci fanno poi la domanda in modo diretto:
Cosa dobbiamo fare noi genitori per costruire autostima negli adolescenti?
Prima di tutto vogliamo precisare che l’autostima è il valore che attribuiamo a noi stessi, il modo in cui ci percepiamo; questo comprende quanto riusciamo a volerci bene e quanto siamo capaci di portare avanti ciò che ci proponiamo.
Si tratta di qualcosa di multidimensionale, un contenitore di diversi aspetti: la personalità, la scuola, la relazione con la famiglia e con il gruppo di amici.
Manu paragona sua figlia ad un bellissimo fiore che deve trovare il coraggio di sbocciare: è una splendida metafora, alla quale ci viene da affiancarne un’altra, quella del bruco che diventa farfalla e della immensa fatica che fa per uscire dalla crisalide. Avete mai visto una farfalla che esce dalla crisalide? Ci vogliono ore infinite perché piano piano possa liberare le sue ali e, anche una volta fuori dal guscio, non è ancora pronta per volare. Dovrà rimanere ferma a fare asciugare le ali, ancora uno stato di immobilità e di incertezza prima di librarsi in volo e mostrare i suoi colori.
Lei mi ascolta, magari si calma e smette di piangere, ma leggo nei suoi occhi che non mi crede.
Le parole dei genitori non sempre riescono ad essere un balsamo per aiutare i nostri ragazzi, ciò che Manu dice aiuta la figlia ma non riesce a risolvere totalmente il problema. Ci sono infatti degli aspetti personali che necessitano di un tempo di riflessione e di stasi, così come la crisalide che diventa farfalla.
Tempo e pazienza sono fondamentali sia per i genitori che per i figli, nonostante l’impazienza di entrambi che si incontra/scontra con sentimenti ambivalenti: i figli che non vedono l’ora di crescere anche se ne hanno paura e i genitori che vorrebbero vedere crescere i figli felici e stare bene subito, anche se poi una parte di loro desidera tenerli bambini per sempre per poterli proteggere.
Costruire autostima negli adolescenti è un percorso impegnativo. È fondamentale riuscire a porsi in una posizione di ascolto dei nostri ragazzi cercando di mettersi nei loro panni. Se si riesce ad entrare in sintonia con i figli si è già sulla buona strada. L’ideale è essere capaci di ricordarsi come si era alla loro età, ricordare la propria adolescenza e le emozioni così differenti e contrastanti che hanno caratterizzato la nostra esperienza. Questo aspetto è molto importante per riuscire a dare la giusta importanza ai racconti e ai vissuti dei figli. Così il rischio di banalizzare qualcosa che per loro è importante si riduce tantissimo e si instaura una comunicazione efficace e sincera.
Ma i genitori si ricordano come erano da adolescenti?
Come vivevano il rapporto con il proprio corpo, con i coetanei, con i propri genitori, con la scuola, con il sesso, con il desiderio di trasgressione, con l’idea del futuro? Tante volte ci ritroviamo a fare queste domande a genitori con figli adolescenti e il primo passo è spesso quello di ricostruire questi elementi in parte dimenticati o messi da parte.
Mettersi in posizione di ascolto significa dunque liberarsi dalla tentazione di giudicare immediatamente ciò che si ritiene sbagliato come adulti, per entrare in empatia con i figli e capire come davvero si sentono. Per fare questo in modo adeguato è importante saper osservare anche il linguaggio del corpo ed essere davvero interessati a ciò che dicono, cercando di ricordare i nomi e le storie degli amici e dei professori, vedere come cambia il tono di voce a seconda delle persone e delle situazioni di cui parlano.
È importante anche poter accettare che i figli siano diversi da noi o magari che siano simili, mentre avremmo voluto che fossero più forti o liberi.
Ciò che è certo è che i ragazzi hanno bisogno di sapere che i genitori hanno fiducia in loro, anche se a volte sbagliano perché gli errori non sono qualcosa di irreparabile, ma esperienze che aiutano a crescere, attraverso il confronto con gli altri e col mondo.
Quindi quando un figlio propone un’idea o parla di un progetto, che magari agli adulti sembra campato in aria o pericoloso o magari inutile o chissà cos’altro, è importante non partire subito con la critica, ma dimostrare apprezzamento per l’impegno e la volontà, facendo lo sforzo di non concentrarsi solo sugli errori ma aiutarlo, ragionando con lui su come migliorare il progetto o l’idea, supportandolo nel trovare soluzioni e immaginare le conseguenze legate alle scelte.
E quando un figlio sbaglia, che fare?
Intanto il primo passo è abbandonare la propria onnipotenza come genitore che pensa di poter proteggere i figli dai mali del mondo e dalla sofferenza interiore. Questo non è possibile. È possibile però rendersi disponibili e dimostrare di esserci se loro avranno bisogno e supportarli nel processo di analisi della situazione che li ha messi in difficoltà ragionando con loro sui motivi che hanno portato al fallimento, su quali sono le emozioni che provano in questa circostanza, su come pensano che potrebbero modificare il proprio comportamento in situazioni simili in futuro e poi facendo loro la domanda più umile del mondo “cosa pensi che io possa fare per aiutarti?”.
Manu aggiunge ancora altri elementi che ci permettono di ampliare la nostra riflessione
Io le dico che quello che conta è quello che sei, non quello che hai. Ma a questa età l’apparire è molto importante. Avere la felpa firmata ti fa sentire importante e sentirti importante ti rende sicuro. Ma io sono contro l’apparire, sto sbagliando? Gli amici sinceri ti staranno sempre vicino, si ma se nel frattempo non hai amici forse è meglio avere amicizie di serie B, che niente.
Andiamo a toccare in questo modo un altro aspetto fondamentale dell’adolescenza: il bisogno di costruire la propria identità confrontandosi con gli altri. Anche in questo caso è molto importante non sminuire la cosa dicendo le solite frasi che gli adulti dicono “ma che bisogno hai di essere come gli altri? Tu devi essere te stesso” e altre simili affermazioni.
Non è un messaggio efficace e ottiene il solo obiettivo di fare sentire i ragazzi giudicati e non capiti dai genitori.
È invece importante non trattarli come bambini che hanno bisogno della felpa uguale agli altri o dei jeans attillati per essere qualcuno, ma riconoscere il bisogno sottostante a queste richieste e considerarli come ragazzi consapevoli che stanno crescendo. Questo non significa accontentare i figli in tutto. La capacità genitoriale di dire di no quando è necessario è sacrosanta, ma deve essere ben motivata e non basata solo su un generico “lo faccio per il tuo bene”.
Manu ci porta poi di fronte ad un altro tema fondamentale: gli adolescenti e la scuola.
La scuola è un altro punto dolente.
Io non ce la faccio, non sono capace
Come aiutarli a vedere i passi avanti che pian piano stanno facendo?
Dobbiamo riconoscergli maggiormente i loro passi avanti o dobbiamo stimolarli a fare sempre meglio?
La scuola è infatti una fondamentale agenzia di socializzazione per i figli e se, fino alle elementari, rappresenta un contesto abbastanza protettivo, dalle scuole medie in poi la situazione cambia e la scuola diventa il luogo in cui ci si scontra con tutte le proprie difficoltà, non solo legate alle materie ma anche alle relazioni. A creare difficoltà possono essere sia le relazioni con altri adulti di riferimento quali gli insegnanti, che con i compagni di classe, coetanei che possono rappresentare delle grandissime risorse ma anche delle enormi difficoltà. È una fase in cui diventa molto più difficile proteggere i propri figli, che piano piano devono imparare a mettersi in gioco affrontando le proprie paure.
Esiste un’età fino a quando dobbiamo comprendere e assecondare e un età in cui invece dobbiamo stimolare e fargli capire che la vita è una grande sfida?
Noi genitori ci ripetiamo che è giusto che i nostri figli sbaglino, perché solo in questo modo impareranno. Poi però non siamo disposti a farli sbagliare almeno nelle cose importanti come la scuola. Qual è il limite?
Fino a dove dobbiamo accompagnarli per far si che non cadano e non si facciano male e dove invece dobbiamo lasciarli andare?
I nostri ragazzi sanno già che la vita è una sfida e la vivono ogni giorno in questo modo: affrontando le proprie paure per andare avanti, anche quando a noi non sembra. Comprendiamo la difficoltà dei genitori ad accettare che i figli possano sbagliare anche a scuola, che è il luogo in cui i ragazzi gettano le basi per il proprio futuro ma, allo stesso tempo, ribadiamo che può succedere anche questo: che ci siano delle difficoltà a scuola o che, se i ragazzi sono molto concentrati nella risoluzione di aspetti di vita più personali, possano per un periodo trascurare le attività scolastiche. I genitori devono fare i conti con questa possibilità e capire come li fa sentire, prima ancora di affrontare la cosa con i figli. Come sempre è opportuno analizzare la vera difficoltà che sta dietro un comportamento e non trattarli come ragazzini pigri, se loro cercano di comunicare qualcos’altro.
Non stiamo dicendo che sia opportuno abbassare la guardia e lasciare fare ai figli ciò che loro “vogliono”, ma che come sempre è fondamentale, per trovare il modo giusto di agire, porsi in una posizione di ascolto e dialogo e poi le parole verranno da sole. Perché, lo ribadiamo ancora una volta, i genitori sono coloro che conoscono meglio di ogni altro i propri figli, se riescono ad entrare in contatto con i ragazzi e non farsi offuscare dal filtro delle proprie paure e preoccupazioni.
Non è un equilibrio facile da costruire ma occorre ricordarsi che, se per i figli gli errori sono delle occasioni per crescere, lo stesso vale per i genitori: non si può pensare di andare avanti senza sbagliare. I buoni genitori non sono quelli che non sbagliano mai, ma quelli che sono capaci di rendersi conto degli errori fatti e di mettere in atto dei comportamenti per imparare dagli stessi e trovare sempre nuove strategie per affrontare le diverse fasi della vita.
Manu ci chiede
Come possiamo fare in modo che lei si fidi maggiormente di noi? Se lei ci ascoltasse i risultati saranno migliori, e lei sarà più forte e più gratificata, o no?
La fiducia non è qualcosa di statico, ma si costruisce nel tempo e ha una forte componente relazionale. I figli sentiranno di potersi fidare dei genitori quanto più li sentiranno autentici e sapranno che sono loro i primi a riporre fiducia nei loro confronti.
La fiducia però può anche essere tradita ogni tanto e, in questi casi, è importante che i genitori non si sentano punti nel vivo della propria autostima. Quando un figlio tradisce la fiducia di un genitore non lo fa mai per fare del male allo stesso, ma perché sta sperimentando qualcosa su di sé e questo comporta dei rischi.
La notizia positiva è che la fiducia si può ricostruire anche più forte di quella iniziale, se ci si mette in gioco in modo sincero e autentico.
Melania Cabras e Maria Grazia Rubanu dello Studio Psynerghia
Appuntamento al mese prossimo
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Come costruire autostima negli adolescenti: i consigli degli esperti
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